Il Direttore di Animals Asia in Vietnam, Tuan Bendixsen, ci spiega perchè l'estrazione della bile viene ancora praticata in questo paese, nonostante sia stata dichiarata illegale oltre dieci anni fa.
Il problema delle fattorie della bile è complesso e non c’è una sola risposta alla domanda sulla loro persistenza. Possiamo però identificare due chiavi di lettura: la debolezza delle leggi e la continua domanda.
Le leggi promulgate – e questo accade in ogni paese – non sono mai perfette. Ci sono diverse scappatoie che si annidano nella loro interpretazione e ci sono sempre aspetti che hanno bisogno di essere emendati. È nella natura delle leggi e in questo il Vietnam non fa eccezione.
Tecnicamente le fattorie della bile sono state dichiarate illegali nel 1992. Nel 2002 gli orsi sono entrati a far parte del gruppo I della lista CITES, passo necessario per bandire il loro sfruttamento. Tuttavia, fino al 2005 questo provvedimento non è stato implementato. La norma ha reso l’estrazione della bile illegale, ma ha concesso agli allevatori la possibilità di detenere gli orsi, sempre che fossero microcippati e previa dichiarazione firmata nella quale si attestava che non sarebbe mai stata praticata l’estrazione della bile.
Naturalmente nessuno sa cosa accade dietro quei cancelli. Gli allevatori dichiarano di detenere gli orsi alla stregua di animali domestici, ma in realtà mantenere gli orsi è molto dispendioso ed è difficile rifarsi delle spese senza estrarre loro la bile.
Fino a quando questa zona d’ombra persisterà, gli orsi continueranno a essere contrabbandati e sfruttati per la loro bile.
Abbiamo evidenti prove di questi traffici perché ci viene affidato un gran numero di cuccioli. Molti di loro vengono trovati nel nord del paese, forse diretti in Cina, ma in tutto il Vietnam gli orsi vengono spesso detenuti per uso domestico.
Un altro nodo incredibilmente difficile da sciogliere riguarda la possibilità di provare, secondo i dettami di legge, che l’allevatore pratica l’estrazione della bile. Le testimonianze non sono abbastanza e l’allevatore dovrebbe essere colto sul fatto perché di possa provare il reato.
In Cina le fattorie della bile sono presenti su scala industriale, ma in Vietnam esse sono piuttosto a conduzione familiare e molte hanno appena uno o due orsi. Solo in Hanoi ci sono approssimativamente 220 orsi su un totale di circa 100 fattorie. Come fanno i vari uffici provinciali del Dipartimento di Protezione Forestale a monitorare a cogliere gli allevatori in flagrante?
Questi dipartimenti non sono solo responsabili per l’estrazione della bile, ma devono controllare tutta la fauna selvatica e prevenire il bracconaggio. Tutto ciò che proviene dalle foreste è di loro competenza.
Anche quando gli allevatori vengono colti sul fatto mentre estraggono la bile, comminare le pene previste dalla legge può essere molto difficile. In Vietnam le sentenze non creano un precedente per le future applicazioni della norma vigente. Accade invece che ogni legge si presti a essere apertamente reinterpretata in funzione dei singoli casi.
Nel 2009 un allevatore è sfuggito alla condanna e al carcere proprio a causa di una discutibile interpretazione della legge. In quel caso, si è dibattuto se la bile d’orso fosse realmente parte dell’orso, oppure sostanza meramente organica come il sangue, la saliva o l’urina.
Se le parole utilizzate nel testo del provvedimento non menzionano esplicitamente il caso particolare, allora è possibile trovare una scappatoia. La legge non può indicare ogni singolo ingrediente di derivazione animale. Così il riferimento si mantiene generico e vago, pertanto aperto all’interpretazione a seconda del caso specifico.
Il lavoro per rimuovere queste scappatoie alla legge contro l’estrazione della bile è cominicato, ma si tratta di un lungo percorso.
La domanda alimenta lo sfruttamento
Anche se la legge fosse più stringente, la pratica di estrazione della bile non verrebbe sradicata dal giorno alla notte. Il problema più grosso è rappresentato dalla domanda.
Recentemente la domanda è calata, anche se persiste. E se la domanda continua, continueranno a esistere anche le fattorie della bile.
Questa è la ragione per la quale prosegue il nostro lavoro di educazione e informazione pubblica, anche in collaborazione con i rappresentanti della medicina tradizionale.
Nel 2011 abbiamo condotto un sondaggio all’interno di un gruppo di 60.000 membri, riscontrando che il 40% dei praticanti di medicina tradizionale ha prescritto bile d’orso ai propri pazienti. Stiamo provando ad abbassare questa percentuale, ma se si continua a prescrivere bile d’orso o a raccomandarla lo sfruttamento degli orsi continuerà, non importa quanto efficace sia la legge.
Sfortunatamente, una percezione positiva e una propensione a servirsi di bile d’orso persiste, e questo dipende dalla credenza comune che la sostanza apporti benefici alla salute.
Se la bile d’orso fosse come l’eroina - causando dipendenza, morte, sofferenza e problemi economici alle persone - allora la percezione comune sarebbe diversa.
Sia l’eroina che la bile d’orso sono inserite fra le sostanza proibite e rientrano nella stessa categoria, ma per la bile d’orso qualcuno ritiene che sia ancora d’aiuto e molti non comprendono perché sia illegale. Spesso si considera l’estrazione della bile alla stregua di un prelievo di sangue, dunque non particolarmente doloroso per gli orsi.
Ecco perchè l’educazione è di fondamentale importanza. Nessuno che abbia toccato con mano, e visto quali tremende sofferenze comporta l’estrazione della bile, può credere che tale pratica sia innocua. E quando gli esponenti della medicina tradizionale si convinceranno dell’efficacia delle alternative sintetiche ed erboristiche, potranno trasmettere queste conoscenze ai loro pazienti, amici e colleghi.
Con il problema delle fattorie della bile non si può procedere dall’alto verso il basso. Occorre affrontare la questione su entrambi i fronti, rafforzando le leggi per debellare il fenomeno e creando consapevolezza sui potenziali consumatori. Solo così consegneremo questa pratica ai libri di storia.